La fotografia tra piacere e mestiere

La fotografia tra passato e presente è il tema di una conversazione che sarà tenuta dal professor Angelo Schwarz, un autorevole storico e critico della fotografia, venerdì 14 giugno, ore 17, nello spazio «Vision in Motion» di Conegliano.

Il 31 marzo 2013 il « New York Times» sbatte in prima pagina una fotografia realizzata con l’iPhone e elaborata con l’app(licazione) gratuita Instagram.

In principio era «il combattimento per un’immagine» (titolo di una celebrata mostra che si tenne alla Galleria Civica di Arte Moderna di Torino nel 1973) che vedeva i pittori contro i fotografi; oggi, invece, il “combattimento” vede i fotografi professionisti contro iPhoneografi e Instagramers, o almeno così parrebbe nel leggere certi blog. Gli iPhoneografi, tanto per intenderci, sono quelli che usano il famoso cellulare della Apple (l’iPhone) con una predilezione – in qualche modo paragonabile – a quella che, in altri tempi, si aveva per una fotocamera come la Leica (vedi: leichisti) o la Nikon (vedi: nikonisti). Gli Instagramers sono invece coloro che hanno come profeta Phil Gonzalez, come loro tempio diffuso il World Wide Web, ovvero il servizio ipertestuale e multimediale di accesso alla rete Intenet, come ruota di preghiera un software gratuito (vedi, anche «app» o «applicazione») quale è Instagram. In altre parole, il credo e il fine perseguito dagli Instagramers è quello di realizzare delle fotografie per condividerle. Fotografie per lo più realizzate con cellulari e, nel caso e nell’eventualità, realizzate, condivise e elaborate secondo l’estetica preconfezionata degli effetti e dei filtri digitali di Instagram.

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Natura morta con lepre. Fotografia di Hugh Welch Diamond, 1855 ca. Database Istituto Scienze delle Immagini. CC BY-NC-ND 3.0. (Creative Commons – Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Unported).

A fronte dei 100 milioni di persone (dato rilevato nel febbraio 2013) che ogni mese usano Instagram – l’ app per riprendere con il cellulare fotografie e impreziosirle con gli effetti e i filtri offerti dall’applicazione – e della pratica della condivisione delle fotografie attraverso i Social Network (come lo stesso Social Network Instagram) sembra, di primo acchito, un po’ anacronistico, il titolo della conversazione che Angelo Schwarz (professore emerito di Fotogiornalismo dell’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino e già docente ordinario, per circa un quindicennio, di Storia e Tecniche della fotografia nell’Accademia delle Belle Arti di Venezia) terrà il 14 giugno alle ore 17, nello spazio Vision in Motion a Conegliano Veneto: «La pratica della fotografia tra il diletto e il mestiere». In verità, l’anacronismo del titolo della conversazione è quantomeno sospetto, visto che lo Schwarz negli anni Settanta, prima di dedicarsi all’insegnamento, non soltanto è stato redattore prima e caporedattore poi di una della più autorevoli riviste di fotografia che si stampavano in Europa e nel mondo, ovvero «Il Diaframma Fotografia Italiana» (precedentemente: «Popular Photograpy Italiana»), ma sempre negli stessi anni Settanta, è stato anche una delle voci (insieme a quelle di Ando Gilardi e Italo Zannier) più critiche e maggiormente attente delle temperie culturali della fotografia in Italia, e non soltanto. Per soprammercato, il nostro, nel 1980 aveva dato vita alla «Rivista di storia e critica della fotografia» che allora, nel mondo, aveva una sola concorrente: «History of Photography», pubblicata a Londra da Taylor & Francis.

Un titolo a la page, dichiaratamente aggiornato, per un saggio, un articolo – e non meno – per una conversazione, avrebbe potuto essere: «Fotografia e Social Network all’inizio del secolo XXI». Resta però il fatto che anche un soggetto, diciamo così, sociologico (del tipo: i 100 milioni di persone che usano ogni mese Instagram condividendone le fotografie) non può esimersi, per metterla sul difficile, dal considerare aspetti ontologici (del tipo: che cosa è fotografia o che cosa si intende con il vocabolo “fotografia”; le fotografie sono dei materiali con i quali si svolgono delle attività, giustificate da una funzione dalla società attribuita quanto riconosciuta) e storici (del tipo: come tutto è iniziato? quale è stato il rapporto, nel tempo, tra chi pratica la fotografia come mestiere e chi, prevalentemente, la pratica per il proprio piacere?). Ad esempio: attorno alla metà dell’Ottocento Hugh Welch Diamond è il primo medico che strumentalmente usa la fotografia nell’ambito del trattamento di pazienti affetti da malattie mentali e al contempo realizza, per diletto, fotografiche nature morte al modo della pittura di genere in voga nel secolo. Cosicchè, diletto e mestiere si riscontrano, non così infrequentemente, nel fare fotografia non in persone diverse, ma nelle stessa persona, ieri non meno di oggi. Il che non vuol dire che non esiste la categoria di chi esclusivamente fotografa per diletto e chi per mestiere, dal quale «trae il suo vitto». Talvolta la differenza tra le due categorie di fotografi diventa argomento di polemiche e proteste che escono ampiamente dall’ambito degli addetti ai lavori, soprattutto nei casi di sconfinamento, ovvero quando la fotografia per diletto insidia, o può insidiare, il mercato della fotografia professionale come è, ad esempio, il caso della ripresa di fotografie in occasione di un matrimonio.

Grazie a Internet e alla sua «ragnatela grande quanto il mondo», possiamo vedere e “scaricare”(all’indirizzo: http://en.wikipedia.org/wiki/File:Olduvai_Gorge_or_Oldupai_Gorge.jpg) l’eccellente fotografia – ripresa dal Noel Feans nel settembre del 2009 – di un paesaggio ripreso in Tanzania, nel Serengeti, che ha come soggetto la gola di Olduvai, un ambiente dove sono stati ritrovati degli importanti reperti utili per comprendere lo sviluppo e le origini della specie umana (gli scavi iniziarono negli anni Trenta del Novecento e i reperti più antichi risalgono a circa due milioni e mezzo di anni fa). Il panorama fotograficamente ripreso e ridato da Feans ha una tale qualità estetica per cui non sarebbe eccessivo se, nel testo di una ipotetica didascalia, si scrivesse: «La terra dell’alba dell’umanità» o «Qui mossero i primi passi l’Uomo e gli antenati che lo precedettero». Di converso, se si fa una ricerca, nella rete Internet, di notizie sull’autore della bella fotografia “dell’alba dell’umanità” non si trova granchè.

Anche a partire da considerazioni come queste ci sembra particolarmente intringante la conversazione che il prof. Angelo Schwarz, storico e critico della fotografia, terrà nello spazio Vision in Motion, il 14 giugno, alle ore 17 a Conegliano Veneto. Il titolo della conversazione recita: «La pratica della fotografia tra il diletto e il mestiere. Chi conosce lo Schwarz, come i suoi ex-studenti, non meno di chi avuto la ventura di leggere qualche suo articolo o saggio, non si farà ingannare da un titolo apparentemente soporifero. Nella società dello spettacolo, per scompigliare le carte, è necessario fare di necessità virtù e magari avvalersi del gioco dei contrari.

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Il paesaggio, che vide la comparsa dei primi umani moderni e dei loro progenitori, è stato fotografato nei pressi della Gola di Olduvai, in Tanzania. Fotografia di Noel Feans, 2009. CC BY 2.0. (Creative Commons – Attribution 2.0 Generic)

Lo spazio Vision in Motion ha capacità ricettive ridotte. Chi è interessato a partecipare alla conversazione di venerdì 14 giugno dovrà richiedere l’invito, rilasciato gratuitamente. Info: Vision in Motion, Via XX Settembre 69, Conegliano. Tel. 0438 336811; cell. 335 6779770